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Quello strano senso di “nodo in gola”: quando la tiroide si ingrossa. Prof. Paolo Limone, endocrinologo, impiega tecniche moderne mininvasive per la cura della tiroide
Uno strano senso di costrizione al collo è un sintomo frequente, che può avere diverse cause, da stati di ansia a problemi respiratori o digestivi. In alcuni casi il senso di “nodo in gola” è dovuto ad un ingrossamento della tiroide, piccola ghiandola situata nella parte anteriore del collo, che svolge funzioni essenziali per il nostro organismo. Il Prof. Paolo Piero Limone, Medico Specialista in Endocrinologia, Diabetologia e Medicina Interna, nonché Primario Emerito della Struttura Complessa di Endocrinologia Diabetologia e Malattie del Metabolismo dell’Ospedale Mauriziano Umberto I di Torino, illustra le più comuni patologie della tiroide e i diversi approcci terapeutici a seconda della casistica. «L’ingrossamento della tiroide è fenomeno relativamente comune, e la causa più frequente è quello che viene comunemente chiamato “gozzo”, patologia tipica delle nostre regioni dovuta ad una cronica mancanza di iodio, che con il passare del tempo porta all’aumento di volume di aree circoscritte del tessuto ghiandolare tiroideo, a formare i cosiddetti “nodi”, tumefazioni che hanno dimensioni variabili da pochi millimetri ad alcuni centimetri. Come si diagnostica la natura dei noduli? L’esame iniziale è l’ecografia, ma in molti casi solo la biopsia consente la diagnosi di certezza; in ogni caso occorre praticare esami del sangue per definire lo stato funzionale tiroideo. Per quanto riguarda la terapia, se la chirurgia è l’approccio elettivo per le forme tumorali, per i nodi benigni piccoli che non causano sintomi compressivi ci si può limitare alla semplice osservazione; se le dimensioni sono cospicue si può procedere chirurgicamente. Da diversi anni è tuttavia andato affermandosi un approccio meno invasivo rispetto alla chirurgia tradizionale, basato sulle tecniche termoablative, procedure che sfruttano il calore per distruggere i tessuti trattati: in pratica, sotto controllo ecografico, fibre laser o, ancor meglio, aghi a radiofrequenze vengono inseriti in anestesia locale all’interno del nodulo dove il calore emesso da queste sorgenti distrugge le cellule tiroidee, determinando una progressiva riduzione del volume del nodulo che, secondo la nostra esperienza ormai quasi ventennale, può essere anche del 70-80%, con completa regressione dei sintomi. Queste tecniche, ormai di uso ampiamente consolidato, si pongono in effetti come alternativa valida e, soprattutto, minimamente invasiva per il trattamento di nodi benigni sintomatici, non richiedendo anestesia generale e, soprattutto, non determinando alcuna compromissione della funzionalità ghiandolare». Info:
www.tiroidediabete.it